Il relativismo etico sostiene che non esistono verità assolute o che, se anche esistessero, non sono conoscibili oppure lo sono soltanto parzialmente ( cioè “relativamente” ). Il relativismo etico non è secondo la dottrina morale della Chiesa cattolica. Il relativismo etico getta incertezza su quei valori morali in cui la Chiesa crede fermamente. Si deve instaurare un dialogo rispettoso fra le varie parti per fare dei progressi: infatti non è con le guerre e alzando barricate e muri che coloro che sostengono il relativismo etico e i cattolici possono avvicinarsi. Ognuno è libero di affermare la propria idea od opinione e anche la Chiesa e i cattolici hanno il diritto di esprimere il loro pensiero senza essere attaccati violentemente. Qui parliamo del relativismo etico perché è un tema di attualità. Tratteremo del relativismo etico prendendo in considerazione la lettera enciclica “Veritatis Splendor” di Giovanni paolo II.
Il relativismo etico e il legame fra libertà e verità sono in rapporto fra di loro. La lettera enciclica Veritatis Splendor di Giovanni Paolo II parla diffusamente dell’importanza del legame fra libertà e verità e, di conseguenza, del relativismo etico. Il primo capitolo dell’enciclica afferma che Cristo è la persona da seguire affinché l’uomo si realizzi pienamente. Gesù stesso è la Legge vivente e quindi la vita morale deve diventare sequela Christi, quindi un’imitazione della sua vita, un donarsi ai fratelli e a tutti sino al sacrificio estremo se necessario: ” la contemporaneità di Cristo, l’uomo di ogni tempo, si realizza nel suo corpo che è la Chiesa…in tal modo la Chiesa, nella sua vita e nel suo insegnamento, si presenta come “colonna e sostegno della verità”( 1 tm 3,15), anche della verità circa l’agire morale”( Veritatis Splendor nn. 25 e 27 ). Giovanni Paolo II afferma chiaramente che per la Chiesa non può esserci spazio per il relativismo etico.
Il secondo capitolo della Veritatis Splendor è dominato dall’intento di “aiutare l’uomo nel suo cammino verso la verità e la libertà”( Veritatis Splendor n.27). Il secondo capitolo dell’enciclica in questione parla del rapporto fra libertà e verità. La libertà e la verità hanno un legame che non deve essere spezzato perché soltanto seguendo la verità l’uomo può essere libero. Non si può rivendicare la libertà al di fuori e contro la verità perché questo porta al relativismo etico ed ha delle conseguenze negative. La prima conseguenza negativa è relativa alla legge naturale che viene rifiutata perché la libertà stessa diventa sorgente dei valori; la legge naturale può essere falsata perché viene vista in modo riduttivo, come una legge biologica; la legge naturale può essere anche deformata perché non viene più vista essere compatibile con l’unicità e l’irripetibilità della persona umana ( legge universale ) e con la sua storia ( legge immutabile ). Il relativismo etico sorge quando si mette in discussione il legame fra libertà e verità.
Il secondo problema che viene causato dallo spezzare il legame tra la verità e la libertà è relativo alla coscienza. Erroneamente la coscienza infatti viene vista come fonte di decisioni morali e concrete. Infatti la realtà è molto complessa e, di conseguenza, la coscienza non può essere normata da una legge universalmente valida per tutti. Giovanni Paolo II afferma che la coscienza è ” giudizio della ragione pratica”perché è chiamata ad applicare la legge universale, quindi le esigenze che rispondono al vero bene dell’uomo nella propria situazione. L’applicazione della legge da parte della coscienza avviene nel personale dialogo con Dio e anche nella consapevolezza che la coscienza può errare e conseguentemente deve essere continuamente formata. Il relativismo etico dipende anche da un concetto di coscienza che la considera come fonte dei valori. Infatti anche questo va a scindere il legame fra libertà e verità.
L’ultimo ambito riguarda l’atto morale, ovvero l’atto ordinabile a Dio. Quindi riguarda l’atto che realizza la persona e la sua autentica felicità. Certamente sono importanti le circostanze dell’azione e anche le conseguenze dell’agire concreto ma, Giovanni Paolo II, afferma che esistono atti che, per la loro struttura intima, non possono essere ordinati a Dio e contraddicono il vero bene della persona. Questi sono gli atti ” intrinsecamente cattivi”. Anche questo argomento è interessante in rapporto al relativismo etico. Tali atti sono così chiamati perché sono cattivi oggettivamente. Infatti la loro moralità è decisa dal loro oggetto, prescindendo dalle circostanze e dall’intenzione. Qualunque siano le circostanze e qualunque sia l’intenzione, questi atti, per il loro oggetto, non possono essere ordinati a Dio. Di conseguenza sono atti che non possono essere mai attuati. Le norme negative li proibiscono in modo assoluto, semper et pro semper senza alcuna eccezione . Ma tutto questo è contraddetto, continua Giovanni paolo II, dalle teorie etiche “teleologiche.”
Il relativismo etico è un tema che viene affrontato nella Veritatis Splendor. Infatti viene spiegato il legame inscindibile fra libertà e verità. Bisogna riflettere serenamente ma in modo approfondito e rigoroso sul relativismo etico perché è un tema di grande attualità. Il tema del relativismo etico deve essere affrontato coraggiosamente e dialogando con tutti. Il dialogo è la via per spiegare sempre meglio la dottrina della Chiesa in modo che possa essere sempre più liberamente accolta dalle persone.
Pierpaolo Paolini